
Inapplicabile dal 31.12.2025 la sospensione dei termini prevista dall'art. 67, D.L. 18/2020, per gli avvisi di accertamento autonomamente impugnabili emessi dall'Agenzia delle Entrate. Lo stabilisce l'art. 22, del decreto legislativo approvato lo scorso 4.06.2025 dal Consiglio dei Ministri.
L'impatto pratico della norma è tuttavia limitato a casi specifici, come le omissioni dichiarative relative a periodi d'imposta anteriori al 2019 e non riguarda le ingiunzioni notificate dagli Enti Locali e, soprattutto, le iscrizioni a ruolo di Agenzia delle entrate-Riscossione.
Resta quindi ampiamente irrisolta la questione concernente tutti gli altri atti ed attività accertative oggetto di notifica negli anni scorsi non scadenti il 31/12/2020, ma il cui decorso era in tale periodo comunque in corso.
Ci si chiede, per quanto riguarda la notifica degli avvisi di accertamento, se per gli anni d’imposta successivi al 2015 e sino al 2019, rimanga valida la proroga di 85 giorni.
Per gli enti impositori lo spostamento in avanti dei termini di prescrizione e decadenza opera per gli atti relativi ai periodi d’imposta anche successivi al 2015 che contengano al loro interno, nel computo dei termini medesimi, il periodo che va dall’8 marzo al 31 maggio 2020.
La tesi erariale ha trovato un autorevole avallo nella soluzione offerta dai Giudici della I° Sezione della Corte di Cassazione, resa nota attraverso l’Ordinanza n. 960, depositata il 15.01.2025, che, in condivisione della tesi interpretativa avanzata dall’Agenzia delle entrate hanno statuito che “…il dato letterale della disposizione dettata dall'art. 67 e l'espresso richiamo alla disposizione di carattere generale prevista dall'art. 12, co. 1, D.lgs. n. 159 del 2015, comportano … per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori….”
Nonostante l’intervento dei Giudici di Legittimità, ed in attesa della pronuncia, in chiave interpretativa, da parte della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, sussistono, a nostro parere, ragioni di ordine giuridico che indicono a ritenere come la volontà del Legislatore, come sostenuto da numerose corti di merito, fosse diretta non solo ad un giusto bilanciamento tra gli interessi dei contribuenti e dell’Amministrazione finanziaria ma ad incidere, ex art. 12 del D.lgs. 159/2015, unicamente sull’annualità – nel nostro caso il 2020 - colpito dall’evento eccezionale, dovendosi escludere, quindi, ogni effetto “a cascata” sulle annualità successive.
Difatti, il Legislatore, con provvedimento successivo rispetto al D.L. n.18/2020, formalizzato mediante l’art. 157, co. 3, D.l. 19/05/2020 n. 34, ha dilatato dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020, l’arco temporale in cui operava la proroga dei termini di decadenza consentendo la notifica degli atti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022.
Ciò, significa che la sospensione di cui all'art. 67. D.L.n.18/2020, pari ad 85 giorni non può più essere considerata operante, come peraltro confermato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare 20.08.2020, n. 25, secondo cui "…può ritenersi ormai superata …. in quanto lo stesso periodo (8 marzo - 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall'articolo 157 (entro il 31 dicembre 2020)…".
In virtù di tale ricostruzione giuridica e nonostante il recente arresto di Legittimità, riteniamo che i contribuenti raggiunti da atti impositivi notificati oltre i termini decadenziali possano legittimamente proseguire nel contrastare le posizioni erariali che dilatano deliberatamente la fine dell’anno fiscale al 26 marzo (e non al 31 dicembre) applicando indiscriminatamente la proroga per avvisi di accertamento, non scadenti il 31/12/2020, ma il cui decorso era in tale periodo comunque in corso.