Tra i beni esclusi dalla procedura, la legge inserisce quanto il fallito guadagna nei limiti del necessario al mantenimento suo e della famiglia, per il quale può ricorrere in caso di accertamento.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 5524, depositata lo scorso 2 marzo, ha chiarito che se il contribuente continua in modo illecito l’attività, successivamente alla dichiarazione di fallimento, l'avviso di accertamento relativo a detta attività è ad esso relativo. Di conseguenza, legittimato a proporre ricorso tributario contro l’atto impositivo è il contribuente stesso e non il curatore fallimentare, il cui eventuale ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
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