La legge non vieta espressamente il cumulo, in carico a una stessa persona, della carica di amministratore e della posizione di lavoratore dipendente di una stessa società di capitali. Le due qualifiche possono infatti coesistere, ma a condizione che non venga meno la soggezione del dipendente al potere direttivo, di controllo e disciplinare di un datore di lavoro terzo e che si accerti l’attribuzione di mansioni al dipendente diverse da quelle proprie della carica sociale dell’amministratore.
Per per la carica di amministratore unico di società è evidente l’incompatibilità con la qualità di lavoratore subordinato della stessa, per i casi in cui la società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione, il tema è controverso ed ha generato molto contenzioso con i conseguenti orientamenti giurisprudenziali.
Recentemente, la Corte di Cassazione, Sezione tributaria (ordinanza n. 5318 del 28 febbraio 2025) , ha enunciato questo principio “In tema di imposte sui redditi, sussiste l’assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa. La compatibilità della qualità di socio amministratore, membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali, con quella di lavoratore dipendente della stessa società, ai fini della deducibilità del relativo costo dal reddito di impresa, non deve essere verificata solo in via formale, con riferimento esclusivo allo statuto e alle delibere societarie, occorrendo invece accertare in concreto la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione gerarchica, del potere direttivo e di quello disciplinare e, in particolare, lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita”
Il tema è delicato e richiede estrema cautela poiché potrebbe avere conseguenze negative anche sulla gestione previdenziale e sulla maturazione del diritto alla pensione.
Ricorso avverso avviso di accertamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
La sospensione di cui all'art. 67. D.L.n.18/2020, pari ad 85 giorni non può essere considerata operante, come confermato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare 20.08.2020, n. 25, secondo cui "…può ritenersi ormai superata ….” in quanto lo stesso periodo (8 marzo - 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall'articolo 157, D.L. n. 34/2020.
Ricorso avverso cartella di pagamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
Nell’interpretazione degli enti di riscossione, dalla lettura combinata della normativa emergenziale da Covid-19, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza, l’agente avrebbe la possibilità di procedere legittimamente alla notifica dei ruoli affidati beneficiando della proroga per tutti i carichi il cui decorso dei termini ha interessato l’annualità 2020.
Finanziamento S.r.l. da parte dei soci
La prassi del finanziamento dei soci a favore della propria società è assai diffusa in Italia, rappresentando una forma di sostegno finanziario alternativa all'aumento di capitale o al ricorso a prestiti bancari.
La raccolta del risparmio tra il pubblico, che è vietata ai soggetti diversi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati ed è sanzionata anche penalmente, trova eccezione per i finanziamenti dei soci alla propria società.
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