Il dipendente che utilizza i dati del suo datore di lavoro per emettere fatture false è debitore dell’importo delle imposte in esse indicato. Ciò vale a condizione che il datore di lavoro, soggetto passivo di tale imposta, abbia dato prova di aver agito con la diligenza ragionevolmente dovuta nel controllare le condotte del dipendente.
Il chiarimento arriva dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nella causa C-442/22, che chiarisce che l’Iva non può essere dovuta dall’emittente apparente di una falsa fattura quando questi sia in buona fede e l’amministrazione tributaria conosca l’identità della persona che ha realmente emesso la fattura di cui trattasi. In una situazione del genere, è quest’ultima persona ad essere debitrice dell’IVA.
Per essere considerato in buona fede, ha precisato ancora la Corte, il datore di lavoro è tenuto a dar prova della diligenza ragionevolmente dovuta nel controllare le condotte del suo dipendente e, così facendo, nell’evitare che i suoi dati siano utilizzati per emettere fatture false.
Ricorso avverso avviso di accertamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
La sospensione di cui all'art. 67. D.L.n.18/2020, pari ad 85 giorni non può essere considerata operante, come confermato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare 20.08.2020, n. 25, secondo cui "…può ritenersi ormai superata ….” in quanto lo stesso periodo (8 marzo - 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall'articolo 157, D.L. n. 34/2020.
Ricorso avverso cartella di pagamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
Nell’interpretazione degli enti di riscossione, dalla lettura combinata della normativa emergenziale da Covid-19, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza, l’agente avrebbe la possibilità di procedere legittimamente alla notifica dei ruoli affidati beneficiando della proroga per tutti i carichi il cui decorso dei termini ha interessato l’annualità 2020.
Finanziamento S.r.l. da parte dei soci
La prassi del finanziamento dei soci a favore della propria società è assai diffusa in Italia, rappresentando una forma di sostegno finanziario alternativa all'aumento di capitale o al ricorso a prestiti bancari.
La raccolta del risparmio tra il pubblico, che è vietata ai soggetti diversi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati ed è sanzionata anche penalmente, trova eccezione per i finanziamenti dei soci alla propria società.
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